L’isola del passeggio

Nei secoli scorsi l’isola di San Giorgio Maggiore a Venezia era famosa per i suoi meravigliosi giardini, celebrati dal poeta Giulio Strozzi e descritti da viaggiatori stranieri, tanto che ancora all’inizio dell’800 era nota come ‘l’isola del passeggio’.

Di tutto questo oggi si è perso la memoria, ma sull’isola il giardino esiste ancora e, seppur con molte limitazioni, è possibile scoprirne la bellezza.

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Introduzione

Alla fine del Settecento, la passeggiata nei giardini dell’isola di San Giorgio Maggiore era una delle attività consigliate ai viaggiatori che si recavano a Venezia,1 tanto che ancora nei primi decenni dell’Ottocento questo luogo era noto come ‘l’isola del passeggio’.2 Qui si recavano i veneziani a passeggiare soprattutto la domenica3 per cercare, come scrive lo storico Samuele Romanin a metà Ottocento, ‘ne’ suoi vaghi e spaziosi giardini sollievo all’affaticata mente, e libero sollazzo’.4 ‘Pareva magico incanto – continua Romanin – passare sì rapidamente dalla romorosa città al silenzio ed alla quiete dei campi’.5

Già abitata in epoca Romana, sappiamo che una prima chiesa fu fondata sull’isola nel 790 e che nel secolo IX vi erano un vigneto e un piccolo bosco di cipressi, da cui l’isola prendeva il nome.6 Una chiesa dedicata a San Giorgio fu costruita nel secolo X e la creazione di ampi orti e giardini è probabilmente avvenuta dopo che il doge Tribuno Memmo donò la chiesa ai Benedettini nel 982 perché fosse trasformata in convento, dove lui stesso si ritirò a vita monastica.7

Alla seconda metà del XVI secolo risale la costruzione di uno dei due chiostri, del refettorio e della chiesa attuale, opere di Andrea Palladio, poi completate da Vincenzo Scamozzi dopo la morte dell’architetto padovano.

Anche le zone verdi dell’isola furono coinvolte nel generale rinnovamento di questo periodo, poco prima del quale erano state illustrate nella splendida Veduta a volo d’uccello di Venezia realizzata da Jacopo de’ Barbari nel 1500. La Veduta [foto in basso] mostra la presenza di entrambi i tipi di pergolato che erano ancora diffusi a Venezia a quell’epoca, e cioè a volta e a “tetto” piatto, seguendo uno schema geometrico tipico del giardino medievale. Oltre alla funzione di connettere zone separate di orti e giardini, anche a San Giorgio i pergolati creavano un sostegno alla vite e fornivano riparo dal sole estivo. Non è casuale che ben quattro delle rare figure umane presenti nella Veduta di de’ Barbari siano raffigurate nell’atto del passeggiare nei giardini di San Giorgio.8 La Veduta evidenzia anche come la presenza dei cipressi che davano il nome all’isola fosse limitata a un giardino interno al complesso monastico e come fossero molto pochi gli alberi esistenti nei giardini dell’isola.



Il giardino di Irene

È nei primi decenni del XVII secolo che il poeta Giulio Strozzi (1583-1660 ca) compose La Venetia Edificata (Venezia, 1621; 1624), ambientando sull’isola di San Giorgio il giardino della maga Irene.

Il poema narra come all’epoca della fondazione di Venezia la maga – inviata in incognito dal re degli Unni Attila, e dunque nemica di Venezia – avesse stabilito la propria dimora sull’isola di San Giorgio, trasformando questo luogo allora abbandonato e paludoso in un meraviglioso giardino. Qui aveva fatto costruire un palazzo ricco di marmi tra ‘doppie e verdi giacinti’, ‘negre rose’, ’ricchi giunchi odorati’, ‘alte e pompose corone’ (fritillaria imperialis), ‘grechi muschi’, ‘ranuncoli a trè cespi’, ‘iri, e scabbiose’, oltre a tulipani, peonie e ciclamini.9

Nel giardino, dietro al palazzo, aveva anche fatto innalzare un ‘Monticel’, dalla cui sommità si poteva vedere la città e il mare10 e che richiama curiosamente la collinetta in cui Luigi Vietti e Angelo Scattolin hanno realizzato il Teatro Verde nel 1951.

La tavola [foto in basso] che precede il canto diciassettesimo, probabilmente incisa da Francesco Valesio su disegno di Bernardo Castello, mostra due grandi aiuole a disegno geometrico con al centro un cipresso, alcuni alberi, e un lungo pergolato a volta simile a quello raffigurato nella Veduta di de’ Barbari.

Strozzi narra come sull’isola si consumi l’amore tra Irene e Riniero e come la maga vi avesse fondato un’accademia di sapienti e organizzasse banchetti e danze. Il poema si conclude con l’uccisione della maga per mano di Riniero, che in seguito abbandona l’isola e, ottenuto il perdono dal Senato di Venezia, vi fa erigere un tempio dedicato a San Giorgio ‘autor della morte d’Irene’.11



Trasformazioni e rinascite

Le mappe di Venezia pubblicate dalla seconda metà del XVI secolo alla fine del XVII evidenziano come la presenza di alberi aumenti durante e dopo la costruzione del complesso palladiano, disposti soprattutto lungo il muro perimetrale a sud e nord-est, con probabile funzione frangivento. Nel luogo dove erano raffigurati i cipressi nella Veduta di de’ Barbari sorge il Chiostro dei cipressi, iniziato a costruire da Palladio nel 1579 e completato, dopo la sua morte, nel 1646. Dalle stesse mappe si deduce la sopravvivenza dell’impianto geometrico del giardino, con i pergolati a delimitare orti e aiuole.

[da sinistra: Braun, Georg; Hogenberg, Frans, Venetia, 1572 (part.); Coronelli, Vincenzo Maria, Venezia, 1693 (part.); Coronelli, Vincenzo Maria, Singolarità di Venezia, ca 1709]



Il pittore e critico d’arte americano Eugene Benson visitò il giardino negli anni ’70 del XIX secolo, circa un decennio prima di trasferirsi a Venezia, dove morì nel 1908. All’epoca della sua visita, il monastero era per metà utilizzato dai militari austriaci come caserma ed era ancora viva la memoria delle esecuzioni di patrioti da loro compiute sull’isola dopo l’insurrezione di Venezia nel 1848. Quando il pittore entra nel ‘famoso giardino’ evoca i tempi felici in cui il cardinale e poeta Bembo passeggiava con il suo seguito sotto l’ombra dei boschetti, si componevano e cantavano canzoni d’amore a bellissime donne invece di salmi e regnava in questo luogo ‘lo spirito festivo di un’esistenza dissoluta’.12 Benson descrive cespugli di oleandro in fiore, aiuole di rose e garofani che profumavano l’aria e un lungo viale reso oscuro e fresco dalle foglie della vite. Passeggiando lungo il viale, si trova ai lati alte erbe rigogliose di colore verde, senza fiori e dal forte odore, riconoscendo il luogo come un allevamento di lumache. Benson lascia il giardino pensando all’ineffabile ‘love-moon of Venice’ che spargeva la sua tranquilla bellezza sul quel giardino.13

All’epoca della visita di Benson, e cioè durante l’occupazione dell’isola da parte degli austriaci, il bosco o la maggior parte di esso non esisteva più, probabilmente abbattuto per ragioni militari. Lo si deduce da una fotografia dell'isola scattata intorno al 1880 da Paolo Salviati [foto in basso], fotografo veneziano celebre per le sue vedute panoramiche.



Negli anni ’50, dopo la concessione della maggior parte dell’isola di San Giorgio Maggiore alla fondazione Cini nel 1951, il giardino fu ristrutturato con la creazione di aiuole, sentieri che conducevano al Teatro Verde (attualmente in restauro) e fiancheggiando i viali principali da alberi di alto fusto e piantando siepi ai lati dei sentieri secondati, come si vede nella foto in basso realizzata da Luigi Bortoluzzi (Borlui) non più tardi del 1962.



Il libero accesso ai giardini fu vietato e, dopo anni di chiusura totale, solo recentemente consentito limitatamente alle Cappelle Vaticane attraverso visite guidate a pagamento.

Secondo le informazioni fornite dalla Fondazione Cini, esistono attualmente nel giardino 1.083 piante arboree appartenenti a oltre 50 specie, tra cui prevalgono leccio, cipresso, e pino d’Aleppo, mentre meno diffusi sono platani, cipressi d’Arizona, bagolari e pini domestici.

Note

Quando non diversamente indicato, tutte le foto sono © Museo del Camminare.

1. Reichard, Hans Ottokar, Guide des voyageurs en Europe, Weimar, Bureau d’Industrie, 1793, p. 317.

2. Pagnozzi, G. R., Geografia moderna universale, vol. IX, Firenze, Vincenzo Batelli, 1824, p. 574.

3. Reichard, Hans Ottokar, Guide des voyageurs en Europe, Weimar, Bureau d’Industrie, 1818, p. 90.

4. Romanin, Samuele, Storia documentata di Venezia, vol. IX, Venezia, P. Naratovich, 1860, p. 28.

5. Ibid.

6. Molmenti, Pompeo; Mantovani, Dino, Le isole della laguna veneta, Bergamo, Istituto italiano d’arti grafiche, 1910, p. 29.

7. Ivi, p. 30.

8. Nonaka, Natsumi, Renaissance Porticoes and Painted Pergolas, London; New York, Routledge, 2017, p. 30.

9. Strozzi, Giulio, La Venetia edificata, Venezia, Pinelli, 1624, p. 116.

10. Ibid.

11. Ivi, p. 199.

12. Benson, Eugene, ‘San Giorgio Maggiore’, Appletons’ Journal, V, July-Dec 1878, pp. 428-30, p. 430.

13. Ibid.



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