Alla fine del 1915, il poeta, scrittore e pilota Gabriele D’Annunzio si trasferì a Venezia, dove visse per circa un anno nella Casetta Rossa sul Canal Grande.
Meno di un mese prima di perdere parzialmente la vista a causa di un incidente aereo, D’Annunzio fece due passeggiate notturne di cui ha lasciato in Notturno un racconto carico di tensione poetica e di brivido.
Il Museo del Camminare ha ricostruito gli itinerari di queste passeggiate, rendendoli disponibili a chi voglia provare a comprendere meglio i sentimenti e le emozioni dell’autore.
LeggiTra novembre e dicembre 1915, il poeta, scrittore e aviatore Gabriele D’Annunzio (Pescara 1863 - Gardone Riviera 1938) si trasferì nella Casetta delle Rose, sul Canal Grande, a Venezia, un piccolo edificio che aveva preso in affitto dal principe austriaco Fritz Hohenlohe grazie al suo amico e designer di moda Mariano Fortuny.
D’Annunzio la ribattezzò Casetta Rossa dal colore dei muri esterni e la amò per la sua dimensione da casa delle bambole e per il giardino che si affacciava al Canale.La casa, in cui Canova aveva avuto il suo studio, fu per D’Annunzio il luogo ideale per scrivere. Fu anche il luogo dove il poeta trascorse la lunga convalescenza che fece seguito alla ferita all’occhio procuratagli da un incidente aereo il 16 gennaio 1916.Temporaneamente accecato dalla fasciatura intorno al capo, D’Annunzio dovette restare in una stanza buia della Casetta Rossa per mesi, durante i quali riuscì a scrivere Notturno sulle striscioline di carta che la figlia Renata gli porgeva.Il Museo del Camminare ha ricostruito gli itinerari (mappa) di due passeggiate notturne che D’Annunzio fece nel dicembre 1915 rendendoli disponibili a chiunque voglia cercare di comprendere meglio i sentimenti e le emozioni dell’autore.Meno di un mese prima dell’incidente aereo, il 20 dicembre 1915, D’annunzio fece una passeggiata notturna con la figlia Renata e due amici, l’ufficiale di stato maggiore Manfredi Gravina e i capitano Alberto Blanc. Anche la pittrice americana Romaine Brooks, detta Cinerina, era stata invitata a unirsi al gruppo, dal quale mancava però un carissimo amico di D’annunzio, il tenente Giuseppe (Beppino) Miraglia perché di guardia al Forte Sant’Andrea, sulla piccola isola omonima della laguna di Venezia, accanto all’Isola delle Vignole.
Dopo una triste cena alla ‘trattoria’ che in realtà era il Ristorante Pilsen1 – dove è oggi l’Hard Rock Cafe – il gruppo andò a bere il caffè il un locale storico che si trovava in Calle de le Acque, vicino al Ponte dei Bareteri,2 per poi passeggiare lungo Riva degli Schiavoni fino all’Arsenale.
Questo primo itinerario inizia quindi al Bacino Orseolo, dove si trovava il Ristorante Pilsen, passa dal Sotoportego de l’Arco Celeste, poi Piazza San Marco, Merceria de l’Orologio, Calle Regina, Ponte dei Bareteri, quindi di nuovo Piazza San Marco, Riva degli Schiavoni, Arsenale e infine si conclude alla Casetta Rossa.
Sulla via del ritorno D’annunzio si fermò davanti al bassorilievo di Zara, la città della costa dalmata che all’epoca, a differenza di Fiume, era parte del Regno d’Italia. Oltre che per la sua produzione letteraria, D’Annunzio divenne famoso per il suo impegno politico e le sue imprese militari, tra cui spicca la marcia che fece sulla città di Fiume il 12 settembre 1919 con i suoi ‘legionari’ volontari con l’obiettivo di annetterla al Regno d’Italia. L’impresa portò all’auto-proclamazione di un governo autonomo, detto ‘Reggenza del Carnaro’, esito di una strana combinazione di ideali anarchici e proto-fascisti, benché D’Annunzio non si sia mai dichiarato fascista.
‘Rinunziamo al caffè per andarlo a prendere nella bottega dei Baretteri. Ci avviamo nel buio, malinconicamente. Manfredi racconta come ogni volta che Miraglia esce dalla trattoria su la fondamenta, batta il naso nel muro.
Dopo qualche attimo, cominciamo a vedere il chiarore della luna. Dal sottoportico sbocchiamo in Piazza, entriamo nell′incantesimo.
La luna è quasi piena. L′aria è fredda.
La Merceria s′abbuia, stretta e ingombra. Prima di giungere al ponte dei Baretteri, sentiamo il profumo animoso del caffè, come si sente in vicinanza di certi piccoli caffè arabi.
Saliamo i gradini, entriamo. La ragazza rossa sembra cercare con gli occhi Beppino, il compagno abituale, che non c′è.
Prendiamo il caffè in piedi. Alberto prende l′acqua di doppio cedro, che sembra esilararlo.
Nell′uscire, Manfredi e Renata vanno innanzi. Da qualche parola che mi giunge, sento che egli le racconta gli anni d′Accademia passati con l′amico nostro a Livorno.
Quando siamo sul ponte della Paglia, Renata dichiara di non voler andare a casa così presto.
La Riva degli Schiavoni è bianca di luna. Dal Caffè Orientale, a traverso le porte chiuse, viene un suono di strumenti a corda.
Accompagnamo Manfredi Gravina all′Arsenale. Andiamo a guardare i Leoni mandati in dono alla Patria da Francesco Morosini conquistatore della Morea. C′indugiamo a riconoscere quale sia il più bello.
Ci separiamo. Ripassiamo il ponte.
Riaccompagno Renata all′albergo. Siamo tristi come d′una serata perduta. (La sera innanzi avevamo ricondotto Beppino alla riva, dove l′aspettava il canotto; ma egli aveva voluto tornare indietro per ricondurre Renata fino alla porta.)
Torno a casa solo.
Mi soffermo, come sempre, davanti a Santa Maria del Giglio e tocco il bassorilievo di Zara.
Penso all′amico che è solo, laggiù, dì guardia a Sant′Andrea.’3
Qualche giorno dopo, il 26 dicembre 1915, alle ore 22, D’Annunzio uscì di casa per una passeggiata in una notte nebbiosa e raccontò questa esperienza carica di tensione poetica e brivido nel suo poema in prosa Notturno.
Questo secondo itinerario, in parte simile al primo, inizia e finisce alla Casetta Rossa, attraversa Piazza San Marco e continua su Riva degli Schiavoni fino all’Hotel Danieli, dove D’Annunzio accompagnò la figlia Renata che vi alloggiava.
Insieme a un affascinante ritratto di Venezia di notte, il poeta raccontò della strana sensazione che un fantasma lo seguisse al ritorno, vicino al Rio de le Ostreghe. Prima del ponte sul rio, sulla destra, Calle Cicogna conduce alla Corte Michiel, dove si trovava la casa di Giuseppe Miraglia, l’amico di D’Annunzio che era morto in un incidente aereo vicino al Lido pochi giorni prima.
‘Usciamo. Mastichiamo la nebbia.
La città è piena di fantasmi.
Gli uomini camminano senza rumore, fasciati di caligine.
I canali fumigano.
Dei ponti non si vede se non l′orlo di pietra bianca per ciascun gradino.
Qualche canto d′ubriaco, qualche vocìo, qualche schiamazzo.
I fanali azzurri nella fumea.
Il grido delle vedette aeree arrochito dalla nebbia.
Una città di sogno, una città d′oltre mondo, una città bagnata dal Lete o dall′Averno
I fantasmi passano, sfiorano, si dileguano.
Renata cammina davanti a me come allora, e Manfredi le va al fianco. Parlano come Renata e il mio compagno parlavano. Di quando in quando la nebbia si frappone fra me e loro.
Passiamo i ponti. Le lampadine lucono come i fuochi fatui in un camposanto.
La Piazza è piena di nebbia, come una vasca è piena d′acqua opalina.
Le Procuratie vecchie sono quasi invisibili. La cima del campanile si dilegua nel vapore
La Basilica è come uno scoglio in un mare brumoso.
Le due colonne della Piazzetta sono simili a due colonne di fumo escite da due mucchi eguali di cenere.
Alla Riva degli Schiavoni i fanali dei battelli accostati.
La musica leggera nel Caffè Orientale, dietro le porte opache: un′aria di danza.
Il canto degli ubriachi.
I fantasmi errabondi.
I morti passeggiano stanotte, come nella notte tra Ognissanti e il Due novembre.
Ci accommiatiamo nel vestibolo dell′Albergo Danieli. Spero che Renata dorma stanotte.
Ritorno verso la Casa rossa, solo. Il mio amico è con me, in ispirito. Un rimpianto profondo mi stilla dal cuore.
Guardo la riva dove approdava il suo canotto, dove ogni sera ci stringevamo la mano e ci dicevamo : Arrivederci.
Nella Piazzetta un uomo si volta al rumore del mio passo.
Si volta ancóra, si allontana, diventa un′ombra fumida, si perde.
Entro sotto le Procuratie rischiarate dalle lampade azzurre. Mi stupisco udendo una famiglia numerosa parlare delle cose usuali, con la stupidità pesante di chi viene dalla gozzoviglia. Sono vivi? Sono morti? Li sorpasso. Diventano ombre.
Di là dal ponte di San Moisé, mentre penso, con un brivido, che dovrò passare davanti al vicolo della Corte Michiel, scorgo qualcuno che cammina al mio fianco senza rumore, come se avesse i piedi nudi.
E qualcuno che ha la statura del mio compagno, la sua corporatura stessa, la sua andatura.
Ha un vestito neutro, indefinibile, di color grigiastro, con un berretto anche grigiastro.
E silenzioso, d′un silenzio singolare, come se non abitasse in lui alcuna voce né alcun soffio.
Cammina senza tacchi, senza scarpe, senza sandali.
Ho una sensazione istintiva di terrore. Rallento il passo. Lo vedo dinanzi a me.
L′andatura è quella del mio compagno. Dopo un poco egli si ritrova al mio fianco, là, dinanzi al passaggio che mette nella Corte Michiel. La via è deserta.
Accendo la lampadina alla voltata, e rallento il passo. Riesco a tenere due o tre metri di distanza. Egli non si volge mai.
Il suo passo è così tacito e così strano che i rari passanti lo guardano arrestandosi un poco.
Siamo a Santa Maria del Giglio. La nebbia entra in bocca, occupa i polmoni. Verso il Canalazzo4 fluttua e s′accumula.
Lo sconosciuto diventa più grigio, più lieve; si fa ombra.
Allora affretto il passo per non perderlo.
Sotto la casa dove a sera si ode sempre un pianoforte, sotto la casa dov′è l′antiquario, egli scompare all′improvviso.
Non è caduto nel canale, non ha passato il ponte, non è entrato in una porta. Porte e botteghe sono chiuse. Le esploro con la mia lampada. Ritorno indietro per accertarmene.
Poi corro su pel ponte e faccio di corsa la calle, per accertarmi che non mi sono ingannato e ch′egli non è tuttavia davanti a me.
La calle è deserta. Deserto è il campo di San Maurizio.
Lo ritroverò forse nella calle strettissima che conduce alla Casa rossa? Il cuore mi trema. Una falda di nebbia mi striscia su la gota. Una frotta di ubriachi urla laggiù, in fondo al traghetto.’5
Foto di Copertina e immagini scorrevoli: MdC 2021, ad eccezione di Gabrile D'annunzio alla Casetta Rossa, ca. 1916, fotografia di Marius de Maria.
1. D’annunzio, Gabriele, Notturno, a cura di Annamaria Andreoli e Giorgio Zanetti, Milano, Mondadori, 2013, edizione digitale.
2. Fabbricanti di cappelli in veneziano.
3. D’annunzio, Gabriele, Notturno, op. cit.
4. Espressione familiare usata a Venezia per indicare il Canal Grande.
5. D’annunzio, Gabriele, Notturno, op. cit.
© Museo del Camminare 2021, licensed under Creative Commons CC BY-NC-ND 4.0