di Aglaia Bianchi

Tra le città del mondo, Venezia è quella più intrinsecamente labirintica. Non è solo il groviglio di calli a evocare il confronto; una somma di elementi, intimamente legati all’identità della città, ne determinano il carattere di labirinto.

L’esperienza propria del labirinto di perdersi o dover tornare sui propri passi è condivisa dalla maggior parte dei visitatori di Venezia. Chi non si è perso fra le calli della Serenissima, nel tentare un percorso nuovo, o perlomeno si è ritrovato costretto dalle curve di una calle a modificare il proprio itinerario, o a tornare indietro, perché un canale gli impediva di proseguire? E tuttavia sono anche molti altri gli elementi labirintici che caratterizzano la città, la sua storia e la sua identità urbana.

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Una città labirintica

Girare per Venezia è un’esperienza puramente labirintica. Il viaggiatore si trova in un fitto reticolo di viuzze, che a causa delle loro caratteristiche intrinseche gli impediscono di avere uno sguardo di insieme e di programmare – e poi seguire – un facile e chiaro percorso da un punto all’altro della città.

Le calli sono strette – poco più larghe di una persona – e circondate da alti edifici, talvolta passano addirittura sotto agli edifici stessi (i cosiddetti sotopórteghi). Il viaggiatore ha la sensazione di muoversi in un corridoio più che in una strada, una visione panoramica del percorso è difficile, anche perché spesso le calli non seguono una linea diritta, ma presentano un proprio svolgimento, curvando a volte a destra, a volte a sinistra. Il viaggiatore è costretto a seguirle, e spesso perde l’orientamento, al punto tale che va senza accorgersene in una direzione completamente diversa da quella che si era prefissata – o perlomeno matura in lui il dubbio, molto labirintico, se si stia avvicinando o allontanando dalla sua meta.

Ad aumentare la confusione del novello Teseo alle prese con il labirinto si aggiunge l’elevatissimo numero di calli e callette in una qualsivoglia direzione, e il fatto che siano spesso corte. Diventa così pressoché impossibile, anche con l’aiuto di una cartina, definire in anticipo un percorso da seguire. Questo costringe a continue decisioni sul percorso da prendere, a ogni bivio, come nel labirinto multicursale.1


Dunque il viandante ha il potere di decidere il proprio percorso nel labirinto-Venezia, bivio dopo bivio, e nello stesso tempo è in balia del labirinto e delle costrizioni dettate dalla sua struttura, come accennato prima. Sono i due caratteri contraddittori eppure compresenti nel concetto di labirinto: il labirinto unicursale, come lo vediamo nelle rappresentazioni grafiche fin dall’antichità, e il labirinto multicursale, come lo conosciamo dalla tradizione letteraria, a partire dal mito di Teseo e del Minotauro. Mentre nel labirinto unicursale una via tortuosa ma unica, senza bivii, conduce il viandante lungo un percorso obbligato fino al centro, il labirinto multicursale lo obbliga a una scelta continua del percorso da intraprendere.2


Tornando alla struttura di Venezia, un elemento labirintico evidente nella città lagunare – e che ne aumenta la labirinticità rispetto ad altre città a pianta medievale – è l’abbondanza di vicoli ciechi. Non poche calli finiscono in maniera improvvisa davanti a un canale, senza la possibilità per il viandante di continuare il proprio percorso. Egli è dunque costretto a tornare sui suoi passi fino al precedente bivio, come in un labirinto multicursale, ed effettuare una nuova scelta.

Questa caratteristica peculiarmente veneziana è strettamente legata alla storia della città. Venezia non è nata come le altre città medievali intorno a un centro, ma dalla fusione di tante piccole unità (isole) che si sono sviluppate in un primo momento in maniera indipendente e solo in un secondo momento, tramite operazioni di bonifica della palude, si sono unite a formare Venezia.3 Ciascuna di queste isole è organizzata intorno a un trittico – chiesa, campanile e campo – a cui le case erano collegate da una rete di vicoli. Con il procedere dell’espansione della città la palude che divide le singole isole viene bonificata, fintantoché non rimane che il canale a dividere le isole, collegate da ponti per consentire lo spostamento tra le singole isole. Essendosi le strutture di ciascuna isola sviluppate in maniera indipendente l’una dall’altra, solo raramente una strada continua sull’isola successiva nella stessa direzione. In questi casi un ponte, non infrequentemente storto, collega i due sistemi viari delle singole isole; spesso, tuttavia, non avendo corrispondenza sull’isola successiva, la calle termina semplicemente alla fine dell’isola sui cui è stata costruita, creando il tipico vicolo cieco.

Dal momento che la rete stradale veneziana è quella formata dai canali, e che le calli venivano usate solo per brevi spostamenti a piedi, non si sentì neppure in seguito il bisogno di alterare questa struttura medievale, che rimane ancora oggi presente.4

Da questo sviluppo storico deriva anche l’aspetto lievemente caotico e illogico che può avere la topografia veneziana a un primo sguardo, soprattutto se paragonata a un’isola come Manhattan. Un'altra peculiarità topografica della città lagunare, che ne rafforza e determina il carattere labirintico, è il fatto che si tratta di una struttura chiusa verso l’esterno, con un punto preciso per l’entrata. Venezia, a differenza della maggior parte delle altre città, soprattutto in epoca moderna, non ha una periferia che permette di entrare in città in maniera graduale. A Venezia l’entrata avviene in un punto preciso, che per la nostra epoca possiamo identificare con la fine del ponte della Libertà, che definisce con precisione un dentro e un fuori.5

Desidero concludere con un’ultima osservazione di non poca importanza, riprendendo la mia domanda iniziale. Se chiedete a un Veneziano se gli capita di perdersi nella sua città o se trova che sia labirintica, probabilmente vi risponderà di no. Ma questo nulla toglie al carattere labirintico di Venezia. Anche il labirinto di Cnosso, per il Minotauro che vi abitava, non era vissuto come labirinto, ma come la propria dimora. E così, per vivere Venezia come labirinto, si deve arrivare da fuori.

Venezia come labirinto nella letteratura

Se è vero che dobbiamo aspettare il compositore Giuseppe Sinopoli e il suo romanzo Parsifal a Venezia6 per avere un tentativo di cartografia del labirinto veneziano, il carattere labirintico della città è apparso evidente agli autori che la visitavano fin dai tempi di Goethe, e molti di loro riprendono questo aspetto nelle loro opere letterarie.

Già Johann Wolfgang von Goethe, nel suo famoso Viaggio in Italia, si era dedicato alla esplorazione del labirinto veneziano:

Verso sera mi perdetti nuovamente, senza guida, nei quartieri più remoti della città, e cercai una via d’uscita da questo labirinto, senza interpellare nessuno, seguendo i punti cardinali. Alla fine ci si ritrova; ma c’è un incredibile groviglio di vie che s’intersecano ed il mio sistema di cavarmela, usando il buon senso, risulta il migliore.7

Nel 1824 il poeta tedesco August Graf von Platen scrive in un suo sonetto su Venezia:

Questo labirinto di ponti e calli,
Che si intrecciano in mille modi,
Come riuscirò mai ad attraversarlo,
Come risolverò questo grande enigma?8

Il protagonista della novella Morte a Venezia di Thomas Mann,9 Gustav von Aschenbach, poco meno di un secolo dopo, si perde in questo labirinto, in una città in preda alla malattia. Il perdersi nella città malata rispecchia e amplifica il percorso di Aschenbach di perdita della propria identità e di malattia.

Anche Iosif Brodskij, nelle sue Fondamenta degli incurabili, si sofferma sul carattere labirintico di Venezia e in particolare sui suoi numerosi vicoli ciechi:

Qualunque meta tu possa prefiggerti nell’uscire di casa, sei destinato a perderti in questo groviglio di calli e callette che ti invitano a seguirle fino in fondo, ti lusingano e ti ingannano, perchè in fondo c’è quasi sempre l’acqua di un canale […].10

Nel 1989 Il compositore Giuseppe Sinopoli, al ritorno a casa dal teatro della Fenice dopo una prova del Parsifal, è talmente immerso in riflessioni sull’Errare di Parsifal che si perde nel groviglio delle calli e decide di esplorare il labirinto veneziano. Ne nasce un romanzo-saggio pieno di riflessioni sulla simbologia del labirinto e di Venezia e con una cartografia precisa e affascinante del percorso labirintico di Sinopoli in quella notte.11 Se scelgo di non riportare questo itinerario nel presente saggio è per lasciare a lettori e lettrici la possibilità di viverlo attraverso le pagine di Sinopoli stesso e goderlo così nella sua completezza.


Molti altri autori italiani e stranieri tematizzano nelle loro opere il carattere labirintico della città e paragonano Venezia a un labirinto, mettendone in luce diversi aspetti. Gli autori qui citati vogliono essere un piccolo assaggio, un invito a leggere con occhi nuovi la letteratura su Venezia, e guardare e vivere in maniera diversa la città.

Un itinerario labirintico

Non c’è a Venezia un itinerario labirintico, ma ogni percorso può diventarlo. L’itinerario qui proposto offre uno spunto per cominciare a cogliere negli angoli di Venezia il suo carattere intrinsecamente labirintico; per riconoscerne gli elementi, passeggiando guidati da un filo d’Arianna, e le associazioni che essi hanno risvegliato negli autori che hanno visitato la città. Per poi aprirsi – senza più bisogno di una guida – all’esperienza diretta del labirinto.


Il percorso proposto [mappa] comincia all’entrata nel labirinto: il ponte della Libertà, che collega Venezia alla terraferma. Arrivati a Piazzale Roma – o alla stazione di Venezia Santa Lucia lasciamo il mondo alle nostre spalle e ci avventuriamo nel labirinto.

Per darvi un’idea della differenza tra i percorsi principali e il groviglio di calli parallele e semiparallele che rendono il muoversi a Venezia un percorso labirintico, iniziamo con un percorso facile, caratterizzato da calli larghe, lunghe, diritte, con poche possibilità di errare. Un percorso antilabirintico, insomma. La prima tappa verso cui ci dirigiamo è la chiesa di Santa Maria dei Frari. Per raggiungerla, partite da Piazzale Roma e lasciando alle vostre spalle il Ponte della Libertà, le fermate degli autobus e del tram, segni del mondo esterno non veneziano, attraversate il ponte che porta ai Giardini Papadopoli. costeggiate i giardini stessi, attraversate ancora un ponte e voltate a sinistra sulle Fondamenta dei Tolentini, poi subito a destra in Calle dei Amai. Proseguite su questa calle lunga e ampia, seguendo il suo lieve curvare a destra dopo il ponte successivo nella Calle delle Sechere e poi delle Chiovere. Una svolta a destra e poi a sinistra vi porteranno su un’ulteriore calle lunga e ampia, in cui seguendo il flusso delle persone arriverete quasi automaticamente alla grande chiesa romanica di Santa Maria Gloriosa dei Frari. Giratele intorno e prendete il ponte direttamente di fronte alla chiesa e svoltate a destra, sempre a destra. Iniziamo il percorso labirintico, e svoltare sempre dalla stessa parte ogniqualvolta possibile è un metodo a quanto pare matematicamente sicuro per uscire dal labirinto. Dopo qualche svolta (le calli sono troppo corte e numerose per riportarne ogni singolo nome) vi ritroverete nel Rio terà (canale messo a secco) dei Nomboli. Date ora la schiena al canale e percorrete il rio terà. Una strettissima calle, Calle Corner, vi apparirà di fronte. Imboccatela e percorretela. Stretta e buia, vi darà l’impressione di trovarvi in un corridoio buio e vagamente minaccioso. Seguitela, anche se l’apprensione aumenta. Vi condurrà dove vuole lei, in fondo a un vicolo cieco. Ora tornate sui vostri passi, a meno che abbia luogo in quel giorno uno dei numerosi eventi culturali del Centro Tedesco di Studi Veneziani, nelle sue sale sontuose o sulla magnifica terrazza affacciata sul Canal Grande, difficilmente immaginabili dal vicolo buio in cui vi trovate.

Usciti dal vicolo prendete la prima calle a destra. Quando cominciate a intravedere il Campo San Polo svoltate a destra nella Calle del Magazen per fare esperienza del labirinto multicursale. Le piccole calli che ne dipartono vi condurranno quasi esclusivamente in un vicolo cieco. Finita questa esperienza, tornate indietro e raggiungete il Campo San Polo.

Tirate una boccata d’aria. Raramente vi capiterà, a Venezia, di trovarvi in spazi così ampi.

Poi prendete, all’incirca a metà del campo, un sotopòrtego sulla destra, che dopo un piccolo ponte e qualche curva (destra – sinistra – sinistra) vi porterà a un ottimo esempio di ponte storto che collega i sistemi stradali di due isole. Godetevi la vista stupenda sulla calle porticata che vi trovate di fronte.

Qui vi lascio, cari lettori. Vi ho dato un assaggio di elementi labirintici, in un angolo della città. Ora tocca a voi: esplorate il labirinto e scoprite Venezia da una nuova prospettiva. Buon divertimento!

Note

Foto di Copertina e immagini scorrevoli: © Aglaia Bianchi 2021.

1. Per la differenza tra labirinto unicursale e multicursale vedi Bianchi, Aglaia, Venedig als Labyrinth. Die Stadt und ihre literarische Darstellung im 20. Jahrhundert, Regensburg, Schnell und Steiner, 2018.

2. Vedi sopra.

3. Vedi Mancuso, Franco, Venezia è una città. Come è stata costruita e come vive, Venezia, Corte del Fontego, 2009 e Howard, Deborah, The Architectural History of Venice, New York, Holmes and Meier, 1987 (1980).

4. Vedi Howard, Deborah, The Architectural History of Venice, p. 51.

5. È chiaro che per vie d’acqua la situazione è diversa – ma il labirinto veneziano, dal punto di vista topografico, è nel sistema delle calli e non dei canali.

6. Sinopoli, Giuseppe, Parsifal a Venezia, Venezia, Marsilio, 1990.

7. Goethe, Johann Wolfgang von, Aus dem Tagebuch der Italienischen Reise 1786 – Dal Diario del viaggio in Italia 1786, trad. N. Capello, Venezia, 1986, p. 203 (orig. Italienische Reise, 30. September 1796).

8. Platen, August Graf von, Sonette aus Venedig, II, 1825, trad. A. Bianchi.

9. Mann, Thomas, Morte a Venezia, (orig. Der Tod in Venedig, München, 1912.

10. Brodskij, Iosif, Fondamenta degli incurabili, trad. Gilberto Forti, Milano, Adelphi Edizioni, 1991 (1989), p. 42.

11. Vedi nota 6.



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